Un interessante articolo relativo agli effetti della pandemia e del lockdown sui disturbi del comportamento alimentare pubblicato su corriere.it.
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La pandemia è stata un fattore di rischio, ma anche precipitante, molto forte per tutti noi, cui ciascuno ha cercato di far fronte e reagire con modalità, strategie e risorse diverse. In alcuni casi è stata motore per la slatentizzazione di disturbi gravi come i Disturbi del comportamento alimentare (DCA), aumentati infatti in modo esponenziale. Nei centri di cura la richiesta è cresciuta del 30%.
In un articolo pubblicato sul corrirere.it (https://www.corriere.it/cronache/21_maggio_26/coronavirus-disturbi-alimentari-aumentati-30percento-l-isolamento-52bce9de-a928-11eb-afd8-e23f23e9f8bf.shtml) a partire da un’intervista alla dr.ssa Isabel Fernandez, presiedente dell’Associazione EMDR (www.emdr.it), e con il contributo di colleghi operativi sul campo, emerge un sintetico e chiaro esempio di come una parte dei giovani abbia risposto alla sofferenza e alla difficoltà con sintomi così seri come quelli legati al rapporto con il cibo, sia in un’ottica restrittiva ( <<si sono ritrovati senza aspetti vitali, chiusi in casa, spesso senza la privacy della loro camera. L’unico elemento controllabile era il corpo ed il cibo..soprattutto per adolescenti già poco flessibili, controllanti o abitudinarie) sia in una perdita di controllo nell’abbuffata.
Non ci dobbiamo dimenticare che nei DCA il problema non è il cibo, ma questo diventa un mezzo per esprimere la propria sofferenza. Talvolta il disturbo viene sottovalutato proprio per questo: la scarsa consapevolezza della malattia. Inoltre le funzioni regolatrici del cibo e il cambiamento dell’immagine corporea rendono difficile e doloroso per le giovani pazienti abbandonare il sintomo.
Un lavoro di squadra tra specialisti, famiglia e paziente ha proprio la funzione di raggiungere il cuore del problema e lavorare sui diversi livelli fisici, emotivi e psicologici.