Talvolta il cibo che assumiamo funziona come regolatore dei nostri stati emotivi, risponde a dei bisogni psicologici e a degli stati d’animo del momento. Questo non è problematico di per sé, ma può metterci in difficoltà quando diventa un pilota automatico, alterando il peso corporeo e creandoci difficoltà nel rapporto con noi stessi. Da dove nasce questa funzione regolatrice del cibo?
E’ ampiamente dimostrato come mente e corpo sono due entità fuse, che si influenzano a vicenda, i cui confini non sono chiaramente distinguibili. Gli adulti perdono questa consapevolezza con gli anni e negli spazi di psicoterapia noi terapeuti facciamo il lavoro di riconnetterli, di notare come alcuni messaggi del corpo non sono slegati da come stanno e come si sentono. I bambini invece lo sanno bene e vivono mente e corpo come molto unita e ben integrata. L’atto dell’alimentarsi ne è un esempio.
L’alimentazione è un terreno ricco di significati e connessioni tra mente e corpo. Non possiamo dire che noi mangiamo SOLO perché ci piace o perché abbiamo fame: le componenti nutritive, affettive e relazionali si incrociano ed intersecano costantemente.
Pensiamo ad esempio all’allattamento, se partiamo dalla parte più naturale e innata dell’alimentarsi, quella che ereditiamo dai mammiferi, possiamo ben scorgere l’intreccio tra queste componenti. Nell’allattamento la madre non solo nutre il corpo del suo bambino, ma nutre anche una relazione. Il bambino gestisce i propri segnali di fame e sazietà regolandosi a seconda della composizione del latte materno di quel pasto e la mamma impara a conoscerlo ed ascoltarlo, fidandosi dei suoi segnali (infatti l’OMS indica l’allattamento come prevenzione all’obesità proprio perché il piccolo impara a gestire i propri segnali fisici di fame e sazietà). Nell’allattamento la madre nutre una relazione attraverso la coccola, la sintonizzazione, la vicinanza, il calore del corpo, regola le emozioni del bambino, gettandole basi per le capacità auto regolative del proprio piccolo.
Sin dalla più tenera età dunque impariamo ad associare il cibo ad uno stato di calma e benessere. Talvolta anche ai genitori succede, proponendo il cibo al proprio bimbo per poterlo regolare. E’ in realtà un fraintendimento, una sovrapposizione e confusione di bisogni emotivi e psicologici in cui l’adulto ricerca automaticamente ed inconsapevolmente quella situazione di regolazione emotiva. Ma allora non era il latte materno in sé ad offrire regolazione (sebbene gli ormoni presenti nel latte materno abbiano anche questa funzione), bensì la relazione di accudimento della propria madre, la vicinanza, responsività ed il calore. Se ci pensiamo, infatti, gli adulti che regolano le proprie emozioni con il cibo non sempre sono stati neonati allattati al seno, eppure sono alla ricerca della stessa relazione rassicurante, calmante e protettiva. In età adulta si perde la connessione con il proprio corpo, i propri segnali di fame e sazietà e si rischia di riempire lo stomaco anche se non si ha veramente fame, ma per cercare altro, per regolare le emozioni del momento. Oppure al contrario non si percepisce la fame per regolare i livelli di controllo.
Se ti ritrovi in questa dinamica, nulla è perduto, è possibile riflettere sui nostri vissuti emotivi, affrontarli ed elaborarli, imparare strategie diverse di gestione delle emozioni e riconnetterci con le nostre sensazioni fisiche e corporee, recuperando il benessere psicofisico.